Tra le piazze più belle e conosciute d’Italia vi è sicuramente piazza del Duomo a Milano, con la sua inconfondibile cattedrale tardo-gotica. A comporre la piazza però non è solo la Chiesa ma una serie di altri edifici, che danno a questa piazza un tono di uniformità complessiva e di grande eleganza e bellezza. La piazza a differenza di quello che si possa pensare non è nata così, o è stata progettata in una precisa epoca, ma è frutto di una serie di trasformazioni, costate anche qualche demolizione, avvenute soprattutto dalla seconda metà dell’ottocento fino alla prima metà del novecento. Era nata un po’ piccola infatti per le esigenze di una grande città, inoltre uno dei palazzi principali che si affacciava sulla piazza, palazzo Ducale, progettato dal Piermarini, fu costruito inclinato rispetto alla piazza stessa e con una delle due ali che arrivava quasi a invadere la piazza. Al posto dell’ala di questo edificio in età Fascista sorse il cosiddetto Arengario, un edificio dallo stile futurista, costruito con la stessa pietra del Duomo, il marmo rosa di Candoglia, oggi sede del cosiddetto Museo del Novecento. Il complesso inoltre ospita in facciata importanti bassorilievi di Arturo Martini.
Sto illustrando questo caso, in quanto questa operazione urbanistica, come molte altre di quell’epoca, è ancora oggetto di dibattito tra chi sostiene che sarebbe stato meglio conservare e quanti invece credono che la piazza comunque ne abbia guadagnato da quell’intervento.
Vediamolo quindi più nel dettaglio cosa successe, nelle due foto si nota il prima e il dopo, l’ala un po’ anomala veniva fino al limite della piazza e la facciata di quell’ala rimaneva inclinata rispetto alle altre facciate, inoltre l’altezza di Palazzo Ducale era minore già allora rispetto a quella degli altri edifici presenti.
L’intervento quindi fu fatto, e finalmente piazza Duomo arrivò alla sua conformazione attuale con i quattro lati della piazza perfettamente ortogonali tra loro. La scelta di creare un doppio edificio poi aveva anche il ruolo di aprire il varco per raggiungere la nuova piazza Diaz anch’essa frutto di un completo rifacimento, che forse, presi i singoli edifici, di qualità minore rispetto all’Arengario stesso.
Che dire…a guardare anche con gli occhi di oggi credo che almeno l’intervento sulla piazza fosse corretto, in essa si mescolano adesso in modo armonioso più epoche senza che nessuna sovrasti l’altra. I due edifici inoltre tenevano conto delle proporzioni della piazza e dello stile Milanese, cosa che forse non faceva il vecchio Palazzo Ducale inclinato e con un’ala sproporzionata.
Al di là del merito comunque, su cui si può essere d’accordo o meno, la riflessione andrebbe spostata sulle modalità con cui si interveniva sugli edifici storici nei secoli passati. L’approccio che solitamente era scarsamente conservatore e filologico, permetteva di intervenire in modo massiccio come in questo caso, demolendo parzialmente o integralmente anche edifici che oggi avremmo definito “di valore”.
La coscienza di oggi, chiaramente non ci permetterà più, di arrivare a tanta sfrontatezza e volontà di imprimere il proprio presente. Forse però verrebbe anche da chiedersi se siamo anche ormai schiavi di una certa inerzia che non ci permette neanche di rifare edifici mediocri o di mettere in campo operazioni di grande respiro urbanistico, ormai sempre più timide e rare.
Rimpiangere gli anni e la filosofia degli sventramenti?…quello direi proprio di no…ma rivedere in alcuni casi il concetto di conservazione e di edificio di valore, tema che affronterò più volte, quello assolutamente sì.